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1946 quesiti trovati
Previdenza e pensioni
Ho chiesto, nel 2012, un'anticipazione per l'acquisto della prima casa, a valere su quanto versato a un fondo pensione. La cifra netta erogatami fu la somma del valore delle posizioni fino al 31 dicembre 2000, con tassazione separata del 29,92 per cento, dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, sempre con tassazione separata del 29,92 per cento, e dal 1° gennaio 2007 alla data di erogazione, con tassazione applicata definitiva del 23 per cento. Nel 2020, ho provveduto al reintegro dell'intera somma (lorda) anticipatami, contando di poter riavere il totale delle imposte pagate nel 2012. Il fondo pensione mi ha invece fornito la certificazione fiscale solo per il recupero delle ritenute Irpef operate per il valore della posizione maturata nel periodo dal 1° gennaio 2007 alla data di erogazione dell'anticipazione. Le ritenute Irpef da me pagate relative ai periodi precedenti (fino al 31 dicembre 2006) non mi sono state riconosciute in alcun modo. È corretto questo modo di procedere?
Nel mese di gennaio 2024 ho versato 5.164 euro a un fondo pensione aperto e ulteriori 5.164 euro a un altro fondo pensione aperto, gestito da un'altra compagnia assicurativa. Posso scegliere liberamente a quale fondo comunicare che la somma a esso conferita costituisce “contributo non dedotto”, oppure devo fare la comunicazione a un fondo o all’altro in base a un criterio prestabilito?
Mia figlia, nata nel 1985, lavora da sette anni, con contratto a tempo indeterminato, in una società del settore terziario. A suo tempo, senza essere mai stata occupata prima o avere versato alcun tipo di contributo, ha riscattato i tre anni di laurea breve, dal 1° novembre 2003 al 30 ottobre 2006, e poi i due anni di laurea specialistica, dal 1° novembre 2009 al 31 ottobre 2011. Successivamente, ha versato all'Inps contributi come lavoratrice dipendente, ma restano dei vuoti contributivi, in particolar modo con riferimento al periodo tra un corso di laurea e l'altro. Chiedo se questi vuoti possono essere colmati con contribuzioni volontarie e quale sarebbe, in caso di risposta affermativa, il criterio che l'Inps adotterà nel quantificare l'importo dei contributi volontari.
Percepisco solo la pensione di anzianità e sono proprietario dell'abitazione principale. Non avendo altri redditi, vorrei sapere se devo presentare il modello Red all'Inps.
Sono un dirigente del settore privato con contratto di lavoro subordinato e sto valutando se presentare dimissioni volontarie a fronte del riconoscimento di un incentivo all'esodo da parte del datore di lavoro. La buonuscita riguarderebbe solo me personalmente, non rientrando in un accordo collettivo. Dato che mancano poco meno di quattro anni di contribuzione previdenziale per raggiungere la finestra pensionistica anticipata (sistema misto), volevo sapere se tale incentivo si somma all'ultima Ral (retribuzione annuale lorda) percepita nel calcolo dei contributi volontari da versare all'Inps nel caso in cui restassi inoccupato, al fine di mantenere inalterato l'importo dell'assegno pensionistico.
Sono nata nel 1964. Dal febbraio 1989 al 31 dicembre 2019 sono stata iscritta alla Cassa di previdenza ragionieri commercialisti ed esperti contabili, versando la relativa contribuzione. Dal 1° gennaio 2020 lavoro come dipendente, con contratto a tempo indeterminato. Avendo la possibilità di riscattare tre anni di studi, quali sono le possibilità di pensionamento che mi si prospettano? Conviene rimanere dipendente Inps oppure valutare il rientro nella Cassa ragionieri?
Sono sempre stato iscritto all'Ago (Assicurazione generale obbligatoria) come lavoratore dipendente del settore privato. Per molti anni la mia retribuzione annua è risultata superiore alla prima fascia di retribuzione pensionabile. Di conseguenza, ho subìto un prelievo aggiuntivo sulla mia retribuzione, pari all'1%, per effetto del superamento della prima fascia di retribuzione pensionabile, in base a quanto previsto dall’articolo 3-ter del Dl 384/1992. Da una verifica del documento di ipotesi di pensione Inps, ho notato che i contributi aggiuntivi trattenuti dal datore di lavoro nel corso degli anni, non sembrano essere stati considerati ai fini del calcolo dell’assegno pensionistico, in riferimento alle varie componenti della pensione (quote «A», «B», «C» e «D»). Per quale motivo il contributo aggiuntivo dell'1 per cento, trattenuto dal mio stipendio e versato in aggiunta alla normale aliquota contributiva del 9,19% a carico del lavoratore, non viene considerato nel calcolo della pensione, né nella componente retributiva né in quella contributiva? Qual è la logica o la normativa che giustifica l’esclusione di tale contributo «extra» dal computo finale dell’importo pensionistico?
Lavoro come dipendente a tempo pieno e indeterminato in un'azienda da 30 anni. Circa otto anni fa ho aperto la partita Iva per un'attività commerciale in regime forfettario, e con l'esonero dall'iscrizione all'Inps gestione commercianti, dato che nel mio caso l'attività di lavoro dipendente era prevalente. Nel 2024, molto probabilmente, il reddito imponibile dell'attività commerciale (già al netto dell'abbattimento previsto dal regime forfettario) supererà il reddito imponibile di lavoro dipendente. In questa caso, dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2024, l'Inps potrebbe ritenere che l'attività prevalente sia quella commerciale e chiedere l'iscrizione alla gestione commercianti e il versamento dei contributi per i redditi 2024 e per gli anni successivi? In caso di risposta affermativa, se nel 2025 il reddito dell'attività commerciale ritornasse inferiore a quello di lavoro dipendente, potrei chiedere nuovamente l'esenzione e non versare i contributi Inps ala gestione commercianti già dal 2025?
Mio padre ha 70 anni, è separato da 12 e risiede da solo nell'appartamento di mia proprietà (abbiamo un contratto in comodato d'uso gratuito). È sempre stato residente in Italia e ha svolto attività di lavoro autonomo, ma ha meno di 20 anni di contributi. Con reddito minimo e un Isee pari a zero, negli ultimi anni ha percepito prima la pensione di cittadinanza e oggi l'assegno di inclusione. A causa di un suo debito importante per contributi non versati all'Inps, gli è stato detto che non può prendere l’assegno sociale fino a quando non sanerà questa situazione. È vero?
Ho cominciato a lavorare a fine 1991 e sono, quindi, in regime misto. Da quanto ho capito, attualmente è possibile effettuare il riscatto agevolato della laurea anche da parte di chi è in regime misto, previo passaggio al regime contributivo. Ho però un dubbio: se passo al sistema contributivo per poter fare il riscatto, mantengo il requisito dei 41 anni e 10 mesi, previsto per le donne? Lo chiedo perché con il riscatto raggiungerei i 41 anni e 10 mesi prima dei 64 anni.
Si chiede un amministratore, socio di una Srl, che ha in essere, con un'altra società, un rapporto di lavoro dipendente come apprendista a tempo pieno, sia esonerato dalla doppia contribuzione Inps.
Sono un insegnante e, contemporaneamente, libero professionista interessato a valutare la convenienza di riscattare, con il sistema agevolato, i 4 anni di laurea in giurisprudenza (dal 1980 al 1984) nel settore pubblico. Ho svolto il servizio di leva da agosto 1986 ad agosto 1987 e ho insegnato, con interruzioni di pochi giorni, dall'ottobre 1995 fino al 2000 al cambio di ogni anno scolastico. Sono stato immesso in ruolo nel 2000. Essendo nato nell'ottobre 1961, secondo i miei calcoli dovrei andare in pensione di anzianità a settembre 2028. Con il riscatto della laurea e del servizio di leva, oltre al vantaggio della deducibilità degli oneri ottengo anche vantaggi in termini di assegno pensionistico?
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